In questi ultimi tempi, sulla scia dei finanziamenti post pandemia (PNRR), si è tanto parlato anche di borghi. Questo argomento dovrebbe essere declinato in due differenti tipologie: da un lato i borghi ancora in vita con servizi primari e con una vita sociale ancora pienamente in essere, per cui spesso si è parlato di nuove residenze legate al lavoro a distanza e di una pluralità di possibili destinazioni.
Dall’altro ci sono i borghi semi abbandonati o completamente abbandonati, in cui vi è una destinazione potenziale primaria, quella turistica a partire dalle forti caratteristiche identitarie date dalla natura stessa dei borghi e dal loro contesto paesaggistico. Caratteristiche ereditate dall’abbandono e che possono attrarre un viaggiatore estremamente sofisticato alla ricerca di questa identità che caratterizza un’Italia in via di estinzione, un paesaggio antropizzato che è stato una delle perdite irreversibili e più gravi del nostro Patrimonio durante il XX secolo.
In questo caso specifico la dialettica politica non dovrebbe vertere su un’ottica meramente di assistenzialismo, ma anche nel preservare il primario valore economico di questa tipologia di borghi che è l’integrità del patrimonio storico paesaggistico. Integrità sempre a rischio anche e proprio a partire dalla ridestinazione turistica che di questo valore dovrebbe farne la propria battaglia di civiltà oltre che di sviluppo economico.
Nei decenni del dopoguerra, quando il paradigma dello sviluppo era il “mattone”, il settore delle costruzioni, lo “skyline” dei primi borghi storici ad avere avuto una destinazione turistica si è irreversibilmente compromesso.
Alcuni dei più suggestivi borghi del territorio Medioappenninico (Scanno, Pescocostanzo, ecc.) sono stati invasi da massicce urbanizzazioni che hanno fatto venir meno in maniera irreversibile quel rapporto costruito storico/Paesaggio che in questi piccoli borghi dovrebbe essere l’elemento più caratterizzante e il vero Patrimonio da tutelare in quanto Patrimonio.
Oggi abbiamo l’opportunità di ribaltare completamente il paradigma in questo genere di borghi in via di abbandono, puntando sull’inedificabilità come premessa fondante per lo sviluppo del territorio.
Nonostante i primi esperimenti di tutela integrale di questi borghi abbiano portato ad un valore aggiunto logaritmico per il numero di attività e per l’indotto causato presso gli abitanti del posto, nonostante la presenza di alcuni strumenti normativi di tutela, accade però che alcuni di questi borghi, in quanto ancora Comuni, siano dotati di forte potestà urbanistica nel proprio territorio e utilizzino tutti i finanziamenti pubblici utilizzabili in maniera quasi sempre non conforme a questo paradigma di tutela.
In questo complesso rapporto tra sviluppo del territorio e fondi pubblici non si dovrebbe mai perdere di vista l’elemento valoriale primario economico che alcuni borghi hanno vissuto per le loro preservate identità storico paesaggistiche.
Urbanizzazioni infine in alcun modo richieste dalle esigenze abitative della popolazione locale che ha vissuto una drammatica decrescita numerica e tanto meno per le necessità turistiche.
In questi borghi storici delle aree marginali interne il paradigma di sviluppo è molto chiaro e talora, oltre alle più tradizionali speculazioni, possono essere gli stessi finanziamenti pubblici che arrivano agli enti territoriali locali a mettere in discussione la fattibilità di questa tutela storico paesaggistica.
Daniele Kihlgren
Imprenditore
www.sextantio.it